Il numero dei femminicidi avvenuti nel 2021 ci conferma quanto la violenza maschile contro le donne è un’emergenza gravissima e drammatica. La cui portata spalanca ancor di più l’abisso aggiungendo i tanti, troppi, casi di violenze, molestie ed abusi. Lo testimoniano anche la cronaca di queste ultime settimane, a partire dagli stupri a Milano la notte di Capodanno e gli arresti per stupri avvenuti un anno fa dai dettagli agghiaccianti, e la quotidiana testimonianza dei centri anti violenza anche nel nostro territorio. Fondamentale è, di fronte a tutto questo, l’impegno della scuola e l’educazione delle nuove generazioni. “La scuola può essere uno spazio privilegiato per costruire una cultura fondata sul rispetto, l'uguaglianza, i diritti e la dignità - secondo la professoressa Annalisa Giuliani, docente presso l’Istituto Tecnico Agrario Ridolfi di Scerni - un luogo privilegiato perché noi insegnanti siamo chiamati non solo a trasmettere conoscenze e competenze ma anche a formare coscienze per uno sviluppo armonico ed essere cittadini del mondo”. “Il rapporto con i ragazzi diventa fondamentale perché noi prima di essere docenti siamo educatori. Sono più che mai convinta che la scuola è abitata da diversità e differenze, che devono essere valorizzate. Lo dico anche da insegnante di sostegno perché l’inclusione non è soltanto un’enunciazione di principio, deve essere costruzione concreta – ci ha sottolineato nell’intervista che ci ha gentilmente concesso - la scuola è quindi luogo privilegiato per fondare una nuova cultura di rispetto e valori. In quanto insegnante mi sento privilegiata, quindi, perché il rapporto con i ragazzi è occasione di crescita per loro e anche per me”.
La professoressa Giuliani affronta il tema dei tanti volti della violenza maschile contro le donne in “Contrappunto a quattro voci”, il suo secondo libro dopo “L’amore coniugato”. In quest’intervista ha condiviso con noi la sua testimonianza e riflessione con un focus particolare sull’impegno educativo.
“Contrappunto a quattro voci” è un libro scritto dopo un’esperienza scolastica vissuta dalla stessa professoressa: la storia di un “un ragazzo che viveva una situazione familiare molto dura, di abbandono del padre che in parte ho raccontato nel libro ispirandomi alle parole di questo ragazzo” ci racconta. Una vicenda di violenza assistita, che non lascia tracce fisiche ma che crea “che si possono riconoscere da alcuni atteggiamenti, comportamenti e parole che possono diventare un grido d’aiuto – prosegue - ho cercato di raccontare in questo libro questa realtà ispirandomi, non ho raccontato la storia così com’è, dalle parole di questo ragazzo”.