Giornata Mondiale della Consapevolezza sull'Autismo

In occasione della Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo, raccontiamo la storia del cupellese Simone Cicchini, un ragazzo Asperger, e del suo viaggio verso l’accettazione, la consapevolezza e la rinascita

Roberta Mele
02/04/2022
Attualità
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Come ogni anno il 2 aprile ricorre la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo, istituita nel 2007 dall’Assemblea Generale dell’ONU e volta a richiamare l’attenzione di tutti sui diritti delle persone che soffrono del disturbo dello spettro autistico.

Una forma particolare di autismo è la sindrome di Asperger, caratterizzata da ridotte capacità comunicative e di socializzazione, rendendo chi ne soffre apparentemente privo di interesse verso gli altri, indifferente ai rapporti sociali e spesso eccessivamente preoccupato per alcune questioni molto specifiche.

A tal proposito vi raccontiamo la storia di Simone Cicchini, a cui è stata diagnosticata la sindrome di Asperger. Simone è un ragazzo battagliero; la vita, spesso, non è stata gentile con lui ma ha saputo affrontare ogni singolo ostacolo che questa gli ha riservato.

Parliamo di un viaggio alla scoperta della propria identità; di un cammino, talvolta tortuoso, verso l’accettazione, la consapevolezza e la rinascita.

Attraverso le sue parole Simone vuole “lanciare” un messaggio di speranza e far comprendere a tutti che essere un ragazzo Asperger non vuol dire essere “diverso”, bensì avere un dono speciale

Simone, raccontaci un po' di te!

“Mi chiamo Simone Camillo Cicchini, ho 25 anni, vivo a Cupello e sono un “ragazzo Asperger”; ho conseguito la laurea triennale, nel 2020, in Beni Culturali presso la facoltà di Chieti, indirizzo che ho scelto per assecondare la mia grande passione per l’archeologia e il mio sogno, quello di diventare un archeologo.

Il mio amore per la Storia è intramontabile: innumerevoli, infatti, sono i manuali e i romanzi storici che ho letto e da cui ho preso spunto per dilettarmi, di tanto in tanto, nella scrittura di sceneggiature ambientate in epoche passate.

Non è un caso che, sin da piccolo, rimasi folgorato dal film “Titanic” per la vicenda realmente accaduta, tanto da passare interi pomeriggi alla ricerca di informazioni legate ad essa e a disegnare navi; inoltre, da bambino mi recavo, spesso, nella Biblioteca Comunale di Cupello per prendere in prestito dei libri: ricordo ancora quando scelsi tra i tanti, il libro di Antonio MarcovecchioCupello e la sua gente” che mi ha permesso di scoprire la storia del mio paese fino ad oggi e di coltivare il mio amore per esso.”

Quando e come hai scoperto di avere la sindrome di Asperger?

“Il mio viaggio è iniziato all’asilo quando le insegnanti notarono in me particolari atteggiamenti, tra i vari, singolare era il fatto di non riuscire a strappare fogli di carta.

Dopo averlo segnalato ai miei genitori, iniziai un percorso di logopedia mirato allo sviluppo del linguaggio e attività sul movimento coordinato del mio corpo, all’interno di una struttura specializzata; intrapresi anche un percorso di gruppo che mi aiutasse a socializzare con i miei coetanei.

Inizialmente si parlò di iperattività e di deficit dell’attenzione, ma nel 2011, seguito dal dottor Riccardo Alessandrelli, dopo aver fatto un test  mi venne diagnosticata la sindrome di Asperger, una delle tante forme in cui si manifesta l’autismo. Avevo quattordici anni.”

Avevi mai sentito parlare della sindrome di Asperger? Come ti sei sentito?

Fino a quando non ebbi la diagnosi ufficiale non ne avevo mai sentito parlare; anche per questo, non fu semplice per me apprendere e soprattutto accettare la notizia. 

Mi sentivo completamente disorientato: sin da quando sono nato l’obiettivo fu quello di dare un nome preciso a quei comportamenti che, agli occhi degli altri, risultavano “strani”. 

C’era in me il desiderio di capire chi fossi, di scoprire davvero me stesso, ma quando quel nome venne pronunciato fui solo travolto dalla paura; iniziai a documentarmi per capire cosa non andava in me perché non riuscivo ad accettare una situazione che, inizialmente, vedevo solo come un problema.”

Quali sono le tue paure?

“Nel corso degli anni il lavoro più grande è stato proprio sulla paura e su alcune fobie che non mi permettevano di vivere serenamente: nello specifico non riuscivo a guardare negli occhi le persone, deviavo lo sguardo; quando mi capitava di incontrare sconosciuti o persone del mio paese con le quali non ero in confidenza, mi allontanavo o addirittura mi affrettavo a cambiare strada per il timore di dover intraprendere qualsiasi tipo di conversazione con loro.

Avevo paura che le persone potessero toccare le mie cose, soprattutto i miei libri; infatti, quando capitava stavo davvero male e mi arrabbiavo perché pochi riuscivano a comprendere questo mio disagio. 

Mi è capitato, in diverse occasioni, di non riuscire ad accettare le critiche e di iniziare a urlare, piangere e sbattere le porte, per poi chiedere scusa dopo essermi reso conto di aver esagerato; inoltre quando subisco un torto, il mio cervello “per anni” rimane su quell’episodio anche se esso è stato risolto da tempo.

Tuttavia, ciò che mi spaventa di più è il pensiero che possa accadere qualcosa di brutto ai miei genitori perché saprei di restare solo, mi sentirei perso. Temo, dunque, di perdere i punti di riferimento della mia vita.”

Ti è mai capitato di sentirti escluso?

“Anche se molto piccolo, durante il periodo in cui frequentai l’asilo mi resi conto di passare la maggior parte del tempo fuori dalla classe, non capivo perché non trascorrevo il mio tempo in compagnia degli altri bambini o perché le mie attività erano diverse dalle loro. Mi sentivo escluso, diverso.

Si tratta di un sentimento che riaffiora in me tutte le volte in cui non sento di essere parte di un gruppo, non mi sento coinvolto; spesso mi è capitato di non essere invitato dai miei compagni alle loro feste di compleanno. Guardavo le foto su Facebook e mi sentivo davvero triste al pensiero di non poter essere lì tra loro.”

In che modo hai lavorato sulle tue paure? Come hai accettato di essere un ragazzo Asperger?

“Per tre anni, subito dopo aver ricevuto la diagnosi, venni affiancato da una psicologa, la dottoressa Tatiana Bortolatto, grazie alla quale feci molti progressi.

Numerosi sono stati gli esercizi per sostenere lo sguardo, parlavamo molto, di qualsiasi cosa, guardandoci negli occhi. Il suo supporto è stato soprattutto per le attività che riguardano la vita quotidiana, come fare la spesa, gestire i soldi e occuparmi di ciò che mi riguarda.

Infatti quando, settimanalmente, incontro la mia tutor Graziella Bellano, con la quale studio, provvedo personalmente al pagamento, anzichè lasciare questo adempimento ai miei genitori; ogni giorno aiuto la mia mamma a sparecchiare il tavolo dopo aver mangiato e spesso lavo anche i piatti. 

La psicologa, inoltre, mi consigliò di prendere un’agenda in cui annotare tutti i miei stati d’animo e le attività che scandivano la mia giornata.

Nel 2014, Tatiana mi ha proposto una gita di tre giorni, a Padova, insieme ai miei amici Vladic ed Ennio; è stata un’occasione per uscire dagli spazi quotidiani e simulare una vita in totale autonomia.

Per la prima volta ho dormito senza i miei genitori, abbiamo esplorato la città supportati da alcuni ragazzi che erano lì con noi, abbiamo fatto la spesa in un supermercato utilizzando una cassa rapida che mi ha permesso di poter fare tutto da solo, visitato musei pagando personalmente i biglietti.

Abbiamo anche provato a cucinare e io ho portato in tavola una deliziosa frittata con le zucchine. 

Devo molto a Tatiana Bortolatto perché mi ha permesso di essere protagonista di esperienze magnifiche, che porterò sempre nel cuore e dalle quali ho imparato molto.

Ad oggi, ad esempio, sono poche le volte in cui mi arrabbio: quando mi capitava, la psicologa mi disse di utilizzare una pallina antistress ma ora preferisco sfogarmi stando solo e prendendo del tempo per me; oppure, se mi capitasse di essere, di nuovo, escluso sceglierei il dialogo, abbandonerei ogni mia paura e andrei a parlare con chi in quel momento sta ferendo i miei sentimenti.

Fino a qualche anno fa avevo paura delle ombre e del buio per cui non riuscivo a dormire senza avere la luce della abat-jour accesa; dopo averne parlato apertamente con la mia psicologa, una sera, con coraggio, ho spento la luce e mi sono addormentato con la consapevolezza di aver eliminato anche quest’altra mia paura.

Negli anni in cui frequentavo le scuole superiori, ho, anche, preso parte al gruppo teatrale di Giuliana Antenucci poichè dato che mio padre fece teatro dialettale, volevo seguire le sue orme.

Ho trovato davvero utile fare teatro: mi ha aiutato con la dialettica, a leggere bene e soprattutto ad essere più espressivo e a personificare le emozioni.

Inoltre, ho intrapreso un percorso come educatore con l’Azione Cattolica Ragazzi di Cupello, ulteriore esperienza che mi ha permesso di non essere solo, di sentirmi parte di un gruppo e di avere degli amici; nel 2016 ho partecipato come cameriere al Festival del Carciofo a Cupello, mia prima esperienza lavorativa.

Sempre in quel periodo, ho avuto occasione di superare alcune mie paure: in particolare ci fu un anno in cui la mia classe cambiò tutti i professori; io ero particolarmente affezionato ad uno, Tito Galante, in quanto amava la storia e avevamo in comune diverse passioni.

Quando dovette trasferirsi in un’altra scuola ci rimasi male, tanto da non essere più me stesso; mi tremavano spesso le mani e non riuscivo più a scrivere. Ero demotivato perché, in quell’occasione, persi un punto di riferimento. 

Tuttavia, lavorai su me stesso, concentrandomi sui nuovi professori e superando questo disagio. Sono davvero felice di questo mio ulteriore traguardo!

Ciò che mi rende più orgoglioso, però, è aver accettato di avere la sindrome di Asperger; ne parlo apertamente e senza vergognarmene. Sono consapevole di essere un ragazzo Asperger e soprattutto di non essere l’unico al mondo con questa sindrome. Non sono solo.

Il mio percorso con la Bortolatto si è concluso nel 2016, ma grazie al gruppo da lei creato “I fantastici sei”, del quale facevano parte altri ragazzi, ci siamo tenuti a lungo in contatto.”

Come sei diventato parte dell’associazione “Asperger Abruzzo”? 

“Nel 2020 la Bortolatto diede il mio nominativo alla presidente dell’associazione Asperger Abruzzo, Marie Helene Benedetti, la quale formò un gruppo di AUTO-MUTUO-AIUTO, sulla piattaforma online “Google Meet”, in cui insieme ad altri ragazzi Asperger ci siamo confrontati su diversi argomenti: abbiamo, spesso, parlato delle emoticon di whatapp, in quanto mi è capitato di non riuscirle ad associare al contenuto dei messaggi che inviavo.

Infatti, ora ho imparato che quando parlo di argomenti tristi non devo inserire emoticon, nel caso in cui io abbia dei dubbi. Abbiamo anche affrontato il tema della sessualità, dell’accettazione e dei nostri problemi personali. Inoltre continuo a lavorare sul rispetto della distanza fisica tra me e le altre persone e soprattutto a non essere invadente.

Con Asperger Abruzzo ho fatto molte esperienze e uscite fuori porta che mi hanno permesso di stringere nuove amicizie. Con il tempo ho acquisito maggiore consapevolezza della mia forma di autismo che cerco, sempre più, di considerare con un’ottica da adulto.

Conoscendo nuovi ragazzi Asperger mi sono reso conto che non tutti riescono a portare a termine un percorso di accettazione rispetto alla loro sindrome; è come se la ripudiassero e fingessero che non faccia parte di loro.

Raccontando serenamente la mia storia sono riuscito a far accettare ad una ragazza Asperger la sua sindrome, le ho permesso di guardare le cose da un’altra prospettiva permettendole di sentirsi finalmente libera di essere se stessa.

Sono consapevole di avere una famiglia che mi ha sempre supportato e sostenuto per oltrepassare gli ostacoli che la vita mi ha presentato.

I miei genitori hanno assecondato le mie passioni, i miei sogni, il mio desiderio di studiare e così facendo mi hanno permesso di vivere una vita “normale”, identica a quella dei miei coetanei. Tra di noi c’è un legame indissolubile, temo che possa accadere loro qualcosa ma, ad oggi, so che la vita è fatta anche di questo e devo accettarlo.

Parte della mia quotidianità sono anche i ragazzi della Biblioteca Comunale di Cupello che insieme all’Assessore Giuliana Chioli, mi hanno accolto e reso parte di una nuova famiglia acquisita.”

A livello locale, cosa si potrebbe fare per sensibilizzare le persone sul tema dell’autismo?

“Nella provincia di Chieti non c’è uno sportello autismo al quale poter far riferimento, per cui penso che bisognerebbe investire di più sul tema, anche attraverso seminari con esperti del settore.”

Come immagini la tua vita tra qualche anno?

“Tra qualche anno mi vedo con un lavoro, vorrei poter essere un archeologo o un bibliotecario. Mi piacerebbe avere una ragazza per sentirmi più protetto e un figlio da poter accudire; conosco diverse storie di genitori Asperger e questo mi da  sicurezza e speranza.

Mi immagino, dunque, una vita normale e piena di soddisfazioni, nella quale nulla mi è precluso.”

Cosa ti senti di dire a chi ha scoperto da poco di avere la sindrome di Asperger o a chi non lo ha ancora accettato?

“Ragazzi, guardatevi allo specchio e credete in voi stessi. Non c’è nulla di sbagliato in voi perché avere la sindrome di Asperger è come avere un super potere; siate consapevoli di avere un dono. Ognuno di voi è in grado di condurre una vita normale e di successo!”

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