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Nuovo Civeta, le quattro amministrazioni che non hanno aderito ricorreranno al TAR

Casalbordino, Monteodorisio, Pollutri e Villalfonsina hanno dato mandato all’avvocato Giuliano Di Pardo di Campobasso

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La trasformazione del consorzio Civeta in società di capitali è diventata realtà a metà dicembre con la firma sul nuovo statuto. Un punto fermo in una vicenda che ha animato tutta la seconda parte dell’anno scorso ma che non è stato il capitolo finale. 

Quattro amministrazioni comunali – Casalbordino, Monteodorisio, Pollutri e Villalfonsina – hanno sollevato forti critiche su quanto avvenuto e sulla stesura definitiva scegliendo di non aderire. E di continuare a cercare di perorare le ragioni dei propri territori e della propria scelta. La notizia era nell’aria, ed annunciata, da settimane ed ora ha tutti i crismi dell’ufficialità con la pubblicazione – completata in questi giorni – delle relative delibere sui rispettivi albi pretori: verrà promosso ricorso al TAR.

Le amministrazioni guidate dai sindaci Filippo Marinucci, Catia Di Fabio, Nicola Maria Di Carlo e Mimmo Budano hanno dato mandato all’avvocato Giuliano Di Pardo del foro di Campobasso per la presentazione del ricorso contro lo statuto della nuova società. 

«L’impostazione dello Statuto e in particolare le modalità e i criteri per la rappresentanza dei comuni all’interno della società,a nostro avviso, hanno rivelato un malcelato intento di escludere di fatto i comuni più piccoli dalla partecipazione, e quindi dalla gestione, della Società tradendo in questo modo lo spirito con il quale è nato il Consorzio, espressione dell’intero territorio e non solo dei due/tre comuni più grandi – la sintesi delle posizioni assunte dai rappresentanti di Casalbordino, Monteodorisio, Pollutri e Villalfonsina - tant’è che lo Statuto rinnega completamente quel criterio, pensato proprio per i comuni più piccoli, secondo il quale per le decisioni del Consorzio dovevano contare non solo le quote ma anche le “teste” cioè i singoli comuni». I primi cittadini dei quattro comuni già a dicembre hanno sottolineato di aver  «cercato di dare il nostro contributo, abbiamo proposto emendamenti e chiesto modifiche, abbiamo ad esempio chiesto di sostituire il cda con un amministratore unico per ridurre i costi e non gravare sui cittadini, abbiamo proposto un sistema di partecipazione, peraltro imposto dalla legge in società di questa natura, che consentisse a tutti, anche al comune più piccolo di poter decidere cosa e come gestire i servizi sul proprio territorio, ma purtroppo non hanno saputo o forse non hanno voluto ascoltarci» ma di essersi «trovati invece con in mano uno statuto che, a nostro avviso, è illegittimo, senza un atto costitutivo della società, con una documentazione contabile che non è quella da noi ripetutamente richiesta».

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