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Il racconto della frontiera ucraina di Paolo Guidone, clown Ventolo dell’associazione Ricoclaun

“Il naso rosso ha emozionato tutti”

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E’ stato 5 giorni alla frontiera ucraina come clown Ventolo dell’associazione Ricoclaun, l’avvocato Paolo Guidone. Ha vissuto un’esperienza emozionante che ha commosso tutta l’associazione e ha suscitato interesse in tutto il territorio. 

“Siamo rimasti sorpresi, commossi dal suo coraggio, dalla sua determinazione. Nessuno, pensando all’Ucraina, aveva pensato quanto fosse necessario, oltre al cibo, vestiti, assistenza, accoglienza, ecc. attivare anche la clownterapia”, ha commentato Rosaria Spagnuolo, presidente Ricoclaun. 

“È stata una cosa nuova per me, è stata una cosa grande”, racconta Paolo Guidone. “Sono partito perché ho sentito la necessità, proprio in quel luogo di sofferenza, di portare il naso rosso. E’ stato un documentario in tv sui profughi ucraini che mi ha colpito molto e mi ha fatto decidere a partire, ma come clown Ventolo. 

Il primo giorno ero andato al campo profughi generale per chiedere se potessi essere utile come clown. Il campo profughi era quasi deserto in quel momento e con una certa diffidenza mi hanno detto che mi avrebbero fatto sapere, ma non avevo molto tempo e non mi sono arreso! Nel mio albergo c’era una coppia di reporter di Seul che doveva andare alla frontiera e ho chiesto se potessi andare con loro. Ho fatto subito amicizia con tutti, anche se non tutti parlavano l’inglese e nei giorni successivi sono stato sempre accolto molto calorosamente dalle associazioni internazionali presenti, che con grande generosità accoglievano le famiglie dei profughi.

Ho vissuto tante emozioni, anche contrastanti tra loro. C’è stata la tristezza nel vedere questa tragedia umana, indicibile e incomprensibile, ed è proprio alla frontiera che si ha la consapevolezza di quanto sia grave la situazione; si vede il dolore e la paura negli occhi dei bambini, delle mamme e c’è l’apprensione per l’altissimo numero di profughi che ogni giorno esce dall’Ucraina. Sono famiglie spezzate, gli uomini dai 18 ai 60 anni sono infatti obbligati dallo stato ucraino a restare e quando si salutano alla frontiera con le proprie famiglie sanno che potrebbero non rivedersi più. Sono esperienze che solo chi ha vissuto la guerra può capire. Per noi che la guerra non l’abbiamo conosciuta e l’abbiamo studiata solo sui libri è un’esperienza a cui non siamo abituati. Alcune delle scene che ho visto, nei pochi giorni in cui sono stato alla frontiera, sono state dilanianti per il mio cuore, sconvolgenti. Non potrò mai più dimenticarle.

Ma ho vissuto anche la gioia di aver creato questo piccolo miracolo, perché grazie a questo viaggio come clown Ventolo e all’intervista mandata in onda da una Tv della Romania, altre associazioni clown-terapeute locali si sono attivate e hanno promesso che presto arriveranno anche loro a Siret, per accogliere soprattutto i bambini alla frontiera con l’Ucraina. Si è creato un grande interessamento alla clownterapia tra i volontari presenti alla frontiera ma anche tra i reporter internazionali presenti, tutti sorpresi di quello che poteva fare un semplice naso rosso, anche in tempo di guerra. 

I nasi rossi sono stati meravigliosi, hanno avuto un grandissimo successo. Ne ho regalati tantissimi a tutti. Sia agli adulti che ai bambini: mi avvicinavo in silenzio, con il naso rosso e sorridevo. Bastava questo per creare un rapporto di immediata empatia, senza bisogno di parole. Il sorriso con il naso rosso riusciva sempre a contagiare, anche perché poi mi avvicinavo, mettevo il naso ai bambini, ma anche alle mamme, alle nonne creando immediata ilarità da parte di tutta la famiglia. 

Le bolle di sapone giganti hanno creato un’incredibile condivisione, anche perché le ho lasciate subito a disposizione di tutti. Si vedevano in lontananza e creavano curiosità, tutti si divertivano a vederle, a farle scoppiare, ma anche a realizzarle, bambini, genitori, ma anche volontari e giornalisti. E’ stato un momento di relax utile per tutti, per diminuire la tensione, l’ansia, la paura.

Ho capito ancora di più che ridere fa veramente bene, anche alla frontiera. La risata ha distratto e divertito i bambini, aiutandoli ad affrontare con maggiore leggerezza quel contesto difficile, alleviando, anche per poco tempo, la preoccupazione e il senso di impotenza dei genitori.  La clownterapia è stata contagiosa! Si sono stupiti di saper ridere ancora. Ho insegnato ai volontari presenti piccoli atteggiamenti per accogliere con il sorriso i bambini. Ho fatto anche un esperimento con una giornalista che, seguendo i miei consigli, si è avvicinata a dei bambini che stavano attraversando la frontiera e, indossando il naso rosso, si è resa conto subito, con una grande emozione, che già solo questo creava immediata empatia, faceva sorridere. 

In molti mi hanno chiesto di non partire, di rimanere lì ancora un po’, perché c’era molto bisogno di un volontario clown e mi hanno chiesto di ritornare”. 

Paolo Guidone è rimasto in contatto coi volontari di Siret, e sta pensando di ritornarvi presto, forse con altri clown Ricoclaun!

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