"C'è il vincolo costituzionale della cittadinanza italiana e per questo motivo non soppiantabile dal decreto flussi né tantomeno dalla identità comunitaria.
Non può succedere, cioè , così come accade nei campi di pomodoro allorquando persone provenienti dal nordafrica vengono addirittura portati in Italia con voli Charter pur di compensare la mancanza di lavoratori italiani che di lavori pesanti non ne vogliono più sapere.
Negli ultimi tempi ci stiamo accorgendo che in alcuni ambiti anche il tanto decantato posto fisso trova riluttanza in molti dei giovani potenziali beneficiari.
Come è nel caso del lavoro di poliziotto penitenziario.
Attenzione però, c'è da fare un distinguo.
In realtà sono molti quelli che accedono alla fase concorsuale.
Il fenomeno che si sta vivendo è che svolte le incombenze corsuali, nel momento in cui si mette piede in carcere e si matura il dramma della realtà nella quale si è andati a confluire, a molti è come se si annientasse il gene della predisposizione a farlo il mestiere di basco blu.
Quelli che immaginavano che vestire una uniforme potesse rappresentare una fortuna, oltre che un forma di orgoglio, oggi, con il sistema penitenziario distrutto da un bombardamento di incompetenze e tagli, ovvero dimenticato da tutti e finanche da Dio,
mutano completamente il loro credo ideologico tanto da decidere quasi istantaneamente di svestirsi di quei panni che avrebbero voluto colorassero di blu la loro vita.
Prova ne sono i più di 300 neo agenti, sui 2700 immessi in ruolo nell'ultimo corso, che alla vita in uniforme hanno preferito tornarsene dai propri genitori.
I deputati e i senatori questo lo sanno.
Le testimonianze raccolte nelle varie commissioni parlamentari stanno facendo il giro del web così come l'aula del senato completamente vuota allorquando ad essere stato messo all'ordine del giorno è stato proprio il punto sulla questione carceri.
A questi ultimi io dico: state attenti!
Non sottovalutate il problema e prendetelo maledettamente sul serio.
In quasi trent'anni di lavoro all'interno dei penitenziari italiani non ho mai avuto un'impressione così negativa della vita che si sta vivendo in istituto così come la sto vivendo oggi.
Se non farete qualcosa e presto in carcere a lavorare non ci vorrà andare più nessuno.
Tra minacce di denuncia,aggressioni, solitudini e grida d'aiuto rimasti praticamente inascoltati, lavorare in tali contesti è diventato praticamente impossibile.
Allo scrivente mancano pochi anni per raggiungere l'obiettivo prefissato dell'agognato pensionamento e spero di farlo sano e salvo.
Quello che mi fa paura è il futuro di una professione che rischia seriamente di scomparire se non si farà presto qualcosa;
se non si metterà mano a leggi che oggi ti "tagliano le mani"; se non si adegueranno gli organici e si rinforzeranno i diritti dei poliziotti penitenziari; se non si azzereranno turni di lavoro finanche di 15-20 ore sostituendoli con altri che non superino le contrattuate 6 ore; se non si apporteranno modifiche alle carriere e non si penserà a una riforma che riduca il numero di anni da passare in carcere.
Non c'è da perdere tempo insomma.
I governanti di turno sono avvisati: ripianate il disastro messo su in decenni di totale indifferenza al problema prima che sia troppo tardi e non mi venite a dire che non vi ho avvisati!"
Mauro Nardella
Vice Segretario Generale Sindacato di Polizia Penitenziaria